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QUESTO BLOG NON È UNA TESTATA GIORNALISTICA. NON VIENE AGGIORNATO PERIODICAMENTE, QUINDI NON RAPPRESENTA UN PRODOTTO EDITORIALE EX L.62/2001

Queste sono le regole...

venerdì 30 aprile 2010

LA HAINE

Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.

Quando ho visto per la prima volta il film La Haine di Kassovitz era un sabato sera di non mi ricordo più quale mese del 1995 o 1996. Credo fosse il 95. Non rammento se primavera o autunno. Ero insieme con una ragazza, Teresa, e facevamo coppia fissa da qualche settimana. Pioveva. Non avevo ancora l'auto.

A lei non piacque per niente. Io rimasi entusiasta. A lei non piacque perché l'avevano proiettato in francese, con i sottotitoli. Quando lo rividi qualche anno dopo, in italiano, capii che era stata una fortuna vederlo sottotitolato. In italiano non rende così bene. Poi qualcuno mi spiegò che i dialoghi originali erano in verlan, il gergo parigino dove le parole vengono pronunciate al contrario.

Mi aveva colpito la potenza espressiva delle immagini. Il bianco e nero. La storia, semplice, di Vincent, Hubert e Saïd. Un ebreo, un negro e un maghrebino. Come una barzelletta. Che però non fa ridere.

Ventiquattro ore nella vita di questi tre ragazzi. Dopo la rivolta delle banlieue per l'uccisione di un ragazzo da parte della polizia. Vincent trova la pistola di un poliziotto. Ecco la metafora della frase in corsivo, di Hubert, a inizio post.

Guardate La Haine. In lingua originale. Kassovitz nel tempo si è davvero perso per strada. Nel film interpreta la parte di uno skinhead che poi ha la peggio sui tre ragazzi.

Noi italiani non saremo mai come i francesi. Loro sono riusciti a rovesciare una monarchia. Noi siamo l'italia da operetta. Il popolo di santi, poeti e navigatori. L'esercito di Masaniello.

Il 90% dei ragazzi alternativi, di sinistra, quelli dei centri sociali, non saranno mai dei veri proletari. Fingeranno sempre si esserlo. Fino a quando l'azienda del papà o lo studio rinomato della mamma aprirà loro le porte di un (dorato) futuro.

Termino con le parole di Pasolini. Io detesto la brutalità della polizia e qualsiasi tipo di violenza che metta a tacere la libertà di espressione dell'individuo. Dai roghi del Cinquecento alla violenza generalizzata nei paesi dove non ci si può opporre a un regime. Però Pasolini aveva ragione, dopo la Battaglia di Valle Giulia. Fascismo di sinistra? Ma per piacere.

Quando a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli dei poveri.

Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri.

Lascio la parte iniziale de La Haine.

Buon ascolto e visione.


Zio Robbo



giovedì 29 aprile 2010

CALIFORNICATION - PARTE SECONDA

Hank Moody again.

Dalla seconda serie. Un incontro al supermarket. In perfetto Moody's style.

Buona visione.

Zio Robbo (con un mal di testa impertinente)




mercoledì 28 aprile 2010

SOPHIE ELLIS BEXTOR: NON È IL MIO TIPO MA ME LA FAREI MOLTO VOLENTIERI

Davvero. Non è il mio tipo (magari prima mi farei Moony, di cui parlerò un'altra volta), però è davvero bella. Anzi. È figa. Punto.

Vera bellezza inglese (nata nel West Middlesex), cantante e modella, mi piace, mi piace, mi piace. Le canzoni, seppur tendenti al quel magma confuso che si può etichettare come pop(ular) music, mi piacciono.

Lascio il primo video in cui l'ho vista, anni addietro. Il pezzo è del dj veneziano Cristiano Spiller (che appare anche nel video).

La canzone è Groovejet (If This Ain't Love).

Rifatevi orecchie e occhi.

Buona visione.


Zio Robbo




martedì 27 aprile 2010

LIFE ON MARS?

Oggi su Torino il cielo mi sembra come quello che ho visto quest’estate in Scozia. Piove a tratti. Scottish Summer Rain. Mah.

Parliamo di serie tv. Parliamo di Life On Mars. Versione inglese.

Prodotta dalla BBC nel 2006, in due serie da otto episodi l’una seguiamo le vicende di Sam Tyler(interpretato da John Simm), ispettore capo della Polizia di Manchester. Durante un’indagine viene investito da un’auto in corsa (appena dopo aver ascoltato Life On Mars? di David Bowie) e si ritrova catapultato dal 2006 al 1973.

Qui comincia la sua nuova vita da ispettore, in un distretto supervisionato dall’ispettore capo Gene Hunt (interpretato da Philip Glenister), decisamente sopra le righe e con un incomprensibile accento di Manchester.
Insieme a Sam, nella nuova squadra investigativa, ci sono i colleghi Ray Carling (interpretato da Dean Andrews), Chris Skelton (interpretato da Marshall Lancaster) e Annie Cartwright (interpretata dalla bellissima attrice Liz White).

Attorno a loro si dipana l’intreccio poliziesco della serie, tra omicidi, rapine, sequestri e traffico di droga. La parte di Science Fiction ruota attorno alle allucinazioni uditive (radio, ricetrasmittenti e televisioni mandano messaggi a Sam) e visive (una bambina bionda con un pupazzo) del protagonista. Sam è in coma o ha davvero viaggiato nel tempo?
Le domande si avranno solo alla fine.

Lascio il video delle sequenze finali della serie. Non voglio togliere il piacere a nessuno, sia ben chiaro. Non è uno spoiler.
È una scena intensa. Sembra dare un significato. Invece bisogna guardare le due stagioni per comprenderla. Ci sono almeno tre finali possibili, dopo questa scena.

Di Life On Mars è stata fatta anche una versione americana. Analoga vicenda, però ambientata a New York. 17 episodi all’inizio simili all’omologo inglese, che poi prendono una rotta diversa. Da segnalare Harvey Keitel nei panni di Gene Hunt, una versione comica e più kitsch del Cattivo Tenente interpretato da Keitel nell’omonimo film di Abel Ferrara.

Se cliccate sul titolo del post, potete gustarvi l’intera canzone Life On Mars? interpretata da David Bowie.

Buona visione.

Zio Robbo


lunedì 26 aprile 2010

UOMINI E DONNE?

Il titolo del post è una provocazione, un pretesto verso il terribile programma televisivo. È un "pezzo" contenuto in-quella-cosa-a-cui-sto-lavorando-da-nove-mesi-che-si-può-almeno-definire-manoscritto. Sedetevi. Ponetevi delle domande (fondamentale). Provate a darvi le risposte (essenziale). Nessun video. Non sapevo cosa aggiungere. Immaginate voi. Utilizzate il vostro cinema mentale.

Vito Walter Luongo

Ci sono ragazzi che sono in grado di lasciare una ragazza. Io non sono tra questi. Le ragazze, le donne, sono molto più determinate e decise della maggior parte di noi uomini. Ne sono convinto.
Quando prendono la decisione, non demordono. Non tornano indietro. No.

I ragazzi, gli uomini…è diverso. Se mollano una ragazza è perché sono davvero stufi della relazione o perché sono davvero dei dritti. Dei fighi. Mollano la tipa per rinegoziare i termini del rapporto con Lei. In questa fase le ragazze, di solito astute come volpi e spietate come mantidi religiose, diventano molli come budini e seppur non proprio innamorate di Lui cadono in una strana forma acuta di depressione simile alle paranoie delle quindicenni nei primi due anni delle scuole superiori. Non vogliono essere lasciate. Devono essere loro a lasciare. E che cazzo. Intanto il Lui di turno magari se la spassa con una di quelle ragazze che vogliono solo divertirsi come Cindy Lauper. Nel frattempo Lei cerca conforto nelle amiche o ex-amiche che ritrova dopo tanto tempo, esce, incontra nuovi ganzi ma il suo cuore batte solo per Lui, a cui giura fedeltà e amore eterno. Lui si stanca delle ragazze che vogliono solo divertirsi come Cindy Lauper, riprende i contatti con Lei, la lascia rosolare ancora un po’ a fuoco lento, poi le dichiara fedeltà e amore eterno. Avendo così la meglio su di Lei, ormai imbambolata dopo tanto dolore ma ora Sua Per Sempre. Solo qui le donne mostrano la loro vera debolezza. Il loro punto debole. L’abbandono e il dolore che consegue le rendono deficienti. Invece di mandare affanculo Lui dopo aver patito le pene dell’inferno, cascano a piedi uniti nella trappola. Per sempre. Il nostro sarà un amore infinito, vero? Ma per piacere.

Ecco. Vorrei essere il Lui di turno. Far parte di quella minoranza di stra-fighi. Invece sto nella maggioranza. Nella parte sbagliata. Come al solito.
In quella minoranza ci sono anche quei ragazzi, quegli uomini che riescono a non tornare sui propri passi. Che però non rendono un favore alla società. No. Trasformano le donne abbandonate in veri e propri mostri di acidità. Decise ad annientare qualsiasi maschio che si avvicini a Loro. Lamentandosi poi di non trovare Il Principe Azzurro. Riusciremo mai a comprenderci, uomini e donne, ragazzi e ragazze?

No. Non ci riusciremo. Mai.

sabato 24 aprile 2010

THERE IS ONLY ME SIR

Un altro sketch dei Monty Phyton.

La lingua inglese come musica per le orecchie.

Finale a sorpresa.

Buona visione.

Zio Robbo



venerdì 23 aprile 2010

LUST FOR LIFE

Il primo post al blog era terminato con il titolo in oggetto.

Cliccate sul video per gustarvi l'Iguana che balla. Arrivarci alla sua età con quel fisico. Magari non con quella faccia.

Ricordo di aver sentito per radio che durante un'intervista, il giornalista di turno chiese all'Iguana:

"Iggy, ma perché invece di Pop non ti sei chiamato Rock?"

Come risposta pare che l'Iguana gli abbia sputato in faccia, andandosene via.

Vero Punk. Lust For Life.

Zio Robbo

CALIFORNICATION MOODY

Torniamo alle serie televisive. Parlare di tutte le serie tv è impossibile, ma cercherò di tracciare un percorso soggettivo elencando volta per volta quelle che preferisco in assoluto (tutte hanno qualcosa di valido, da un punto di vista oggettivo, ma i gusti personali sono i veri padroni).

In questo preciso momento storico adoro FlashForward. La serie, tramessa dal network ABC, non sta più riscuotendo ottimi ascolti. Rischia addirittura il non rinnovo. Soppiantata, ovvio, da Lost (a cui preferisco Alias e Fringe, se vogliamo citare altre due creature di J.J.Abrams).
In un altro momento, aiutandomi anche con TvZapper, elencherò i vari motivi per cui oggettivamente Lost non è la migliore delle serie tv (anche se devo vedere ancora quinta e sesta stagione) e i motivi per cui FlashForward non è mai del tutto decollata, e perché a me piace così tanto, invece. C'è anche il libro dello scrittore canadese R.J. Sawyer, FlashForward - Avanti nel tempo da cui è stata tratta la sceneggiatura della serie. Non voglio, però, ancora leggerlo. Un po' perché la fantascienza scritta non mi fa impazzire, un po' perché fino a quando non sarà chiusa la serie voglio che Mark Benford e soci si muovano nella mia fantasia con le immagini televisive che mi tengono compagnia per quaranta minuti nel fine settimana. Guardate FlashForward. Lo faccio apposta a non mettere prewiew o intro da YouTube. Ve lo dovete guardare. Ve lo dovete gustare.

Voglio invece parlarvi brevemente (odio gli avverbi ma poi finisco per utilizzarli sempre) di Californication.
Un ottimo prodotto della ShowTime. Network tra i migliori in circolazione, che ha saputo osare producendo serie tv che rappresentano la realtà senza falsi pudori, fino al limite del presentabile quali Dexter, serial killer che elimina i serial killer o Secret Diary of a Call Girl, su una ragazza che per mantenersi diventa prostituta d'alto bordo da 300 sterline all’ora. Tornerò a tempo debito sulle singole serie.

Californication narra le vicende di Hank Moody (interpretato da uno splendido David Duchovny) scrittore di successo che da New York torna a Los Angeles per seguire la trasposizione su pellicola del suo ultimo romanzo. Ne ha scritti tre, di libri, che hanno i titoli di dischi degli Slayer: South of Heaven, Season in the Abyss e God Hates Us All (quest’ultimo è quello che dovrà diventare un film).

Nell’odiata L.A. Hank deve fare i conti con una bella crisi creativa ed esistenziale. Non riesce a scrivere e cerca di recuperare il rapporto di padre con la figlia Rebecca, aspirante musicista e adolescente e di marito con l’ex moglie Karen. Hank finisce sempre per cadere negli eccessi dell’alcool e del sesso: riesce a copulare con qualsiasi donna piacente che gli stia a meno di mezzo metro di distanza. Esilaranti le avventure con il proprio agente letterario (interpretato da Evan Handler, già presente in Sex and the City) e con tutta una serie di personaggi affascinanti quanto bizzarri presenti nel sottobosco di Los Angeles, Hollywood e dintorni.

L’omaggio letterario a Charles Bukowski è evidente già dal nome di Moody, Hank (Hank Chinaski era l’alter ego letterario di Bukowski) e dal mood in prevalenza eccessivo verso il bere e le donne. Tanto Bukowski era butterato e brutto, tanto Hank è un figo. Un vero figo. David Duchovny è rinato davvero, dopo aver accantonato i panni del pallosissimo agente Fox Mulder in X-Files.
Un personaggio sopra le righe e un magnete per le donne: tutte si svestono e si strappano i capelli per Hank.

La serie è arrivata a tre stagioni complete. Si attende la quarta, prevista per il prossimo settembre.

Volevo postare la splendida sigla, ma ho optato per la prima scena della serie. Qualche tempo fa avevo scritto un brevissimo racconto in cui ho messo su carta le immagini che seguiranno. Una cosa divertente che non farò mai più, per citare David Foster Wallace. Nei prossimi post inserirò una scena della seconda e terza serie.
Non avendo trovato nulla in lingua originale e sottotitoli (serial e film andrebbero visti sempre così, non me ne vogliano i nostri favolosi doppiatori) il video è in italiano. Non è doppiato così male. Anzi.

Un’ultima nota. I Red Hot Chili Peppers hanno fatto causa alla ShowTime a causa del titolo della serie, uguale a un loro album del 1999.
Dico: ma non potete pensare a tornare a creare dischi come Mother’s Milk o Blood Sugar Sex Magik invece di pensare a queste cazzate e a dischi di merda come Californication? Godetevi Hank. È meglio.

Chi si ritiene offeso dalla scena che segue è un perfetto idiota. Si faccia curare.

Who am I to argue? ‘Nuff Said.

Buona visione.

Zio Robbo



mercoledì 21 aprile 2010

NINA NIHIL. ISTRUZIONI PER L'USO.

Come ho promesso e giurato ieri, niente video. Se ne parla domani. Oggi voglio pubblicare sul blog di Zio Robbo la recensione che ho scritto e regalato a colei che considero ormai un'amica e una persona di tutto rispetto: Marta Casarini. Marta ha esordito l'autunno scorso con il romanzo "Nina Nihil giù per terra" per la Voras Edizioni. Il libro mi è piaciuto tantissimo, gradevole e garbato tanto quanto lo è l'autrice. Lo so, ha un effetto strano quello di "postare" un pezzo scritto da Me Medesimo, abbiano pazienza i miei cinque lettori. Un omaggio e un riconoscimento alla bravura di Marta, in ogni caso. Sosteniamo Marta, sosteniamo Voras Edizioni, sosteniamo la piccola e media editoria.

Buona lettura.

Vito Walter Luongo

"Nina è impegnata nell’attività di babysitter. Deve badare alla Cagona, neonata dedita a tre attività fondamentali: pappa, cacca, nanna. Il problema è che la Cagona è legata in modo particolare alla seconda delle tre attività. Molto freudiano. Caga tanto, tantissimo. Come Regan vomitava zuppa di piselli e improperi ne L’esorcista di Friedkin, lei spruzza quintali di merda che Nina deve pulire. Anche i ricchi cagano, anche la borghesia lascia tracce dei propri escrementi, saturi di alimenti bio-logici, che vanno tanto di moda. La mamma della Cagona, la datrice di lavoro di Nina, è una di quelle donne che dopo una giovinezza pasionaria e rivoluzionaria, si è fatta assorbire dalle mode del riflusso degli anni novanta e duemila, diventando una delle tante madame isteriche che imperano nelle ville delle grandi città. Questo è il punto di partenza. Tragico. Nina non si scoraggia. No.

Come contraltare alla Cagona, il lavoro di babysitter le regala soddisfazioni quando è in compagnia di Mela, un concentrato dodicenne di rabbia e dolcezza che si sta affacciando all’adolescenza. Nina racconta a Mela la propria esistenza di ragazzona sovrappeso che si spiaccica per terra e parla con gli oggetti. Li considera vivi. Parlanti. Presenti. La bellezza di Nina è nella burrosità, nelle curve che cerca di nascondere ma che quando vengono mostrate fanno la loro bella figura. I dialoghi, le riflessioni di Nina non scadono mai nel vittimismo. Come dice a un certo punto, citando i Bluvertigo, Agatodemone e Cacodemone si scontrano in lei: la colta ironia rende il personaggio di Nina vivo e credibile. In-credibile. Affascinante.
Uno pseudo fidanzato, Jury, si meraviglia di come Nina baci bene. “Cos’è, credi che perché una è grassa allora non baci bene?”. Chapeau.


Nina Nihil giù per terra è la brillante e convincente opera prima di Marta Casarini, autrice bolognese. Un romanzo sospeso tra Perec e Queneau. Più che gli Esercizi di stile, le parole di Nina hanno il sapore e il profumo di Perec. Forse perché ho sempre preferito quest’ultimo a Queneau. Non so. Gli omaggi letterari e musicali di Nina non si fermano qui.
Nina elenca le tessere e carte fedeltà che possiede, catalogandole in un elenco che avrebbe fatto piacere non solo a Perec, ma anche a Chuck Palahniuk.
In un altro momento del romanzo è presente l’elogio delle mestruazioni: un impareggiabile elenco di virtù delle regole mensili femminili che Irvine Welsh e Bret Easton Ellis si godrebbero insieme, se uno dei due lo leggesse all’altro, in un pub di Edimburgo.
La descrizione della fisicità di Nina, fatta di luci e ombre dentro, di curve e smagliature fuori, sono la migliore lezione di autoironia che un romanzo può impartire. Umorismo pirandelliano a parte, la tatona bolognese si muove a suo agio in un mondo dove gli oggetti si animano e le parlano. Come Jaye Tyler nella serie televisiva americana Wonderfalls.
Due genitori che sembrano disegnati da Magnus; dialoghi brillanti con le amichette del cuore, dai nomi orwelliani; gonne acquistate a Londra, dove le donne sono abbondanti ma nessuno se ne lamenta, che non riescono a contenere fianchi prosperosi. Fantastica Nina. Dopo una serie di ragazzi/fidanzati penosi l’amore, o una specie deformata e deformante di tale sentimento, riesce a fare capolino nell’esistenza di Nina. Un ragazzo con le sembianze di Billy Corgan, un clone del frontman degli Smashing Pumpkins. Wow. Doppio wow.


Un passo indietro, ora. Nel 1994 sono usciti due romanzi, due bildungsroman in cui molti dei giovani e adolescenti di allora, ora trentenni e più, si sono identificati: Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi e Tutti giù per terra di Giuseppe Culicchia.
Il primo l’ho letto fresco di stampa e devo dire che non mi era piaciuto molto. Una tipa come Adelaide, nemesi e insieme sogno proibito del protagonista Alex D., l’avrei presa a calci in culo. Giuro. Il vecchio Alex aspetta e spera, invece. A me dava sui nervi. Avrei picchiato anche lui, me lo fossi trovato davanti. Una storia d’amore platonica. Liofilizzata, oserei dire. L’ho riletto dopo quattordici anni e mi ha fatto ridere e sorridere, provando un pizzico di nostalgia per quel periodo degli anni Novanta, roboante di musica. (Una seccante parentesi: il bolognese Brizzi ha dato il meglio di sé con il successivo romanzo, Bastogne. Chi non ricorda la copertina del libro con la faccia allungata e il naso a becco di Zanardi?)
Per uno come me, sempre vissuto all’ombra della Mole Antonelliana e non all’ombra delle due Torri, l’identificazione maggiore è stata con Walter, il protagonista di Tutti giù per terra. Il Nihil di Nina si addice alla perfezione al nichilismo esasperato di Walter. Che si muove in una Torino visibile ma non vista, per citare Salman Rushdie, al ritmo di Ramones e Sex Pistols, con capitoli brevi e fulminanti come le canzoni del quartetto del Queens. No Future.
Se davvero esiste un mondo parallelo dove i personaggi letterari si incontrano, spero che Walter e Alex D. incontrino Nina. Il primo per evitare paranoie, il secondo anche.
Altra mia speranza è che Andrea Pazienza, il genio fuori sede più famoso d’italia, sia riuscito a leggere il libro di Marta Casarini. Sia che si trovi lassù in cielo, o laggiù attorniato da simpatici diavoli, deve nel modo più assoluto far diventare Nina il personaggio di un fumetto. Come ha fatto con Pentothal o Pompeo. Magari ispirandosi alla paperosa Ava di Cavezzali.


Grazie Nina.


Grazie Marta."

PERSISTENCE OF ANTHRAX

Giuro che domani non posto video. Giuro. Dovevo però aggiungere un video degli Anthrax del periodo Joey Belladonna, dopo quello di ieri con John Bush. La canzone è Got The Time, cover del musicista e cantautore inglese Joe Jackson, inclusa nell'album Persistence Of Time, quinto album degli Anthrax e ultimo con Belladonna prima di Sound Of White Noise.

Buona visione e ascolto.

Zio Robbo


WALK THIS WAY

Tutto ha avuto principio (forse) con gli Aerosmith che collaborano con i RUN DMC e rielaborano la loro Walk This Way con una base rap.

Gli Anthrax, come ho detto nel post di ieri, scrivono I'm The Man, una canzone che è una presa per il culo a loro stessi (ho già chiesto: i bianchi possono fare rap? Secondo me no, solo eventualmente una sorta di ibrido, crossover, che è il rap-metal...chi vuole vada a leggersi il saggio del compianto scrittore David Foster Wallace scritto a quattro mani con Mark Costello dal titolo Il Rap spiegato ai bianchi). I'm The Man è stato pubblicato nella raccolta di B-side Attack Of The Killer B's: la base è davvero tamarra, ma il pezzo fa ancora più ridere.
Altra storia è Bring The Noise, canzone dei Public Enemy del 1987 coverizzata con l'aggiunta di un pizzico di metal.

Poi, come ho già scritto, è arrivata l'ondata. Gruppi più convinventi come Rage Against The Machine e Clawfinger, altri proprio da evitare come la peste quali Limp Bizkit e Linkin Park.

Discorso a parte per i Red Hot Chili Peppers (quando ancora erano un gruppo degno del nome...solo due album su tutti...Mother's Milk e Blood Sugar Sex Magik) e i sublimi Faith No More del magnifico Mike Patton. Ritorneremo sull'argomento.

A voi il video di Bring The Noise. Joey Belladonna con il cappellino da baseball ai piatti e Scott Ian che balla pestando i piedi a terra mi fanno crepare dal ridere! Cliccando sul titolo del post potete ascoltare e guardare l'omonima canzone degli Aerosmith.

Vi ricordate quando MTV trasmetteva Yo!Rap! e Headbangers Ball?

Buona visione e ascolto.

Zio Robbo


martedì 20 aprile 2010

RUST IN PEACE, STEELE

My Girlfriend's Girlfriend è la canzone dei Type 0 Negative che preferisco. Groupies, sesso lesbico, triangoli che noi uomini (ma anche le donne, credo) apprezziamo. La ragazza della mia ragazza è anche la mia ragazza, no?

Invito tutti ad ascoltare la bellissima cover di Black Sabbath dei Black Sabbath, contenuta nell'antologia Nativity In Black. La voce di Steele sembra provenire direttamente dagli inferi. Da ascoltare al buio, per provare la giusta intensità.

Buona visione.

Zio Robbo


CAUGHT IN A MOSH

Il primo singolo che ho ascoltato degli Anthrax è stato Only, dal disco Sound Of White Noise. Avevano sostituito il cantante Joey Belladonna con John Bush degli Armored Saint. Una separazione neanche tanto amichevole, a causa delle scelte commerciali verso cui si stava spingendo la band, istigata dall'etichetta discografica. Scelte che Belladonna non condivideva.

Sound Of White Noise mi piaceva. Però, dopo aver ascoltato i precedenti album con Belladonna, il periodo degli anni 80 è stato davvero quello d'oro per gli Anthrax. Rispetto a Metallica, Slayer e Megadeth, ho apprezzato sempre la componente fun del gruppo.

Scott Ian. Charlie Benante. Joey Belladonna. Dan Spitz. Frank Bello. La formazione migliore. Sempre.

Negli anni 80 producono Among The Living, un disco spettacolare che unisce thrash e speed metal, con omaggi ai libri di Stephen King (la copertina ritrae il cattivissimo Randall Flagg, nemesi dei sopravvissuti all'epidemia di influenza nello stupendo The Stand) e ai fumetti (I Am The Law tratta di Judge Dredd, personaggio creato da Wagner ed Ezquerra nel 1977).

Poi arriva il rap. Un singolo che mescola rap e metal dal titolo Bring The Noise, insieme agli amici Public Enemy. Come era capitato ad Aerosmith e RUN DMC con Walk This Way. La sperimentazione di un pezzo rap, I'm The Man, dove più che altro si prendono per il culo da soli (i bianchi possono fare rap?) Da qui la nascita del crossover, con band che negli anni mischieranno rap e metal come i Rage Against The Machine, gli svedesi Clawfinger, gli olandesi Urban Dance Squad e i Faith No More di Mike Patton e soci, che meritano però un discorso a parte.

Gli Anthrax mi sono sempre piaciuti perché non si sono mai presi troppo sul serio. Il look con pantaloncini corti e cappellini da baseball, le magliette dei Public Enemy e di altri gruppi indossate dai componenti della band, gli slogan inventati e in voga tra i thrashers quali N.O.T. e Mosh (una variante del più conosciuto pogo).

Scott Ian e Charlie Benante, chitarra e batteria, colonne portanti del gruppo, hanno creato insieme a Billie Milano, voce dei M.O.D. e Dan Lilker, bassista dei Nuclear Assault (già bassista degli Anthrax) il progetto S.O.D., un gruppo politicamente scorrettissimo e di matrice prettamente hardcore e thrash.

Lascio un video preso da Stomp 442, secondo album con John Bush alla voce. La canzone è Fueled, un' ode allo scrittore Charles Bukowski e un piccolo omaggio agli horror degli anni 50 e al film La Macchina Nera del 1977. Chi si ricorda, alla fine degli anni 80, le serate horror su Italia1 del martedì e del giovedì sera dalle 22.30? Era estate, e la tivvù proponeva ancora dei bei film. Godibilissimi.

Buona visione.

Zio Robbo


lunedì 19 aprile 2010

DEAD AGAIN

Oggi avevo in mente un altro post, sempre dedicato alla musica ma con un oggetto diverso: gli Anthrax. Avevo pronto il video, un discorso sul loro umorismo, sul rap-metal e invece devo scrivere della morte improvvisa per attacco cardiaco di Peter Steele, frontman dei Type 0 Negative.

48 anni. Fisico imponente e scolpito. Superava di un centimetro i due metri d'altezza. Voce profondissima. Un'icona del metal. I Type 0 Negative, doom/gothic band di Brooklyn, dal 1991 hanno attraversato il panorama metal con il loro macabro e perverso senso dell'umorismo. Steele, personaggio timido e profondamente depresso, incarnava lo spirito negativo della band già dal nome. Un marchio che indicava il gruppo sanguigno 0 negativo e il mood oscuro e malinconico del gruppo.

Dall'album Slow, Deep and Hard passando per The Origin of the Feces, i titoli delle loro canzoni fanno ancora ridere e sor-ridere per il cinismo nero: Prelude to Agony, The Misinterpretation of Silence and its Disastrous Consequences, I Know You're Fucking Someone Else, Kill You Tonight.

My Girfriend's Girlfriend rimane, a mio avviso, il loro singolo, canzone e video migliore. Prendersi in giro per le groupie e cantare della ragazza della mia ragazza...wow!

Life is Killing me e Dead Again, gli ultimi due album, sembravano davvero un prologo alla fine improvvisa del carismatico Steele. Dato per morto nel 2005, con una notizia smentita immediatamente. Finito addirittura su PlayGirl, con delle foto che lo ritraggono nudo e con un cazzo piuttosto grosso tra le gambe. Fake o meno, Peter si considerava davvero un cazzone. Altro gioco di parole che avrebbe adorato.

Poi la leggenda sul vampirismo, a causa di un paio di canini davvero aguzzi.
Altra polemica di Steele, evidenziata dalle canzoni, era verso il sistema sanitario nazionale americano. La band si esibiva spesso con camici verdi da infermiere.

Humour nerissimo e auto-ironia che mi /ci mancheranno, ora.

Lascio un video di un'intervista di Steele al Jerry Springer Show, che ricorda tanto, come talk show, il Patty Winters Show di cui Patrick Bateman, in American Psycho, non perde neanche una puntata. Domani il video di My Girlfriend's Girlfriend.

I can't believe I died last night, I'm fucking dead again!

Buona visione.

Zio Robbo


venerdì 16 aprile 2010

SEI UN PRIGIONIERO (DELLE SERIE TELEVISIVE)

Lo ammetto. Sono prigioniero delle serie televisive. Le guardo di continuo. Non ne ho mai abbastanza. Da questo post parte l'elenco e analisi (eventuale) delle serie che adoro e che non adoro. Vedi Lost. Non mi basta solo leggere e scrivere. No. Devo drogarmi di serie televisive. Vecchie. Nuove. Recenti.

Tutto ha inizio nel 1967. L'apice della carriera del compianto attore Patrick McGoohan. Che rifiuta il ruolo di James Bond per dedicarsi, dopo aver già interpretato l'agente segreto della NATO John Drake nella serie Danger Man, alla magnifica serie The Prisoner.

Un agente segreto (forse, lo possiamo presumere) si dimette in modo polemico dal suo incarico e finisce per essere esiliato in un'assurda e grottesca comunità definita The Village. Qui subirà ogni sorta di vessazione fisica e psichica per annientare la sua dignità umana e trasformarlo in un numero. Il Numero Sei.

Proverà più volte a fuggire, ma ogni volta sarà bloccato dai Rover, misteriosi palloni aerostatici che bloccano la fuga del Numero Sei.

Dov'è il Villaggio? Cos'è in realtà? Perché sembra così familiare?

Cosa sono i Rover? E il Numero Due? Anzi. I Numero Due. Quali sono le informazioni che cercano dal Numero Sei?

Chi è davvero il Numero Sei? E chi si cela dietro l'enigmatico Numero Uno?

Guardate la serie. Godetevela. Date le vostre risposte alle domande.

The Prisoner ha anticipato di quarant'anni serie tv come Lost. Con un finale (che, ovviamente, non anticipo) talmente intenso e provocatorio che in pochi hanno compreso. Nel Villaggio (Globale) che stiamo diventando.

Gustatevi la sigla originale, introduzione della serie.

I will not be pushed, filed, stamped, indexed, briefed, debriefed or numbered!

Zio Robbo



mercoledì 14 aprile 2010

WOULD?

Alice in Chains. Soundgarden. Mudhoney. Stone Temple Pilots. Pearl Jam. Nirvana.

Se vogliamo parlare di Grunge, terribile etichetta di un' epoca musicale coincidente con la mia adolescenza pre e post, questi sono i gruppi, in ordine di gradimento, che seguivo e ogni tanto ri-seguo e ri-ascolto.

Se cliccate sul titolo, altro video degli Alice in Chains, dall'album Dirt, 1992. Singolo compreso nella soundtrack di Singles, film di Cameron Crowe, dello stesso anno.

Qui sotto, un video dei Soundgarden, dall'album Superunknown, 1994.

Sentirsi come nei giorni peggiori. Forse.

Zio Robbo


MAN IN THE BOX

Oggi, con la solita banda di colleghi amanti della (buona) musica prenderemo i biglietti per gli Alice in Chains, in concerto qui a Torino il prossimo 9 giugno. Layne Staley non c'è più. Purtroppo. Come al solito ci vorrebbe il TARDIS del Doctor Who per viaggiare nel tempo o trovarsi in una dimensione parallela dove Layne Staley è vivo ed è ancora frontman del gruppo.
Con la sua inconfondibile voce cupa e malinconica.

Layne Staley logorato dai problemi esistenziali.

Layne Staley logorato dall'eroina.

Layne Staley che prova a uscire dal buco, con il progetto parallelo Mad Season.

Layne Staley che vede morire il grande amore della sua vita.

Layne Staley che prova a partecipare al progetto Class of '99.

Layne Staley che si sente come a volte ci sentiamo tutti noi.

Un uomo nella scatola.

Cliccate sul titolo di questo post, per vedere e ascoltare Man in the box, dall'album Facelift del 1990.

Buon ascolto e visione.

Zio Robbo

martedì 13 aprile 2010

DEAD LIKE ME

Uno degli inconvenienti principali dell'avere la propria sede lavorativa all'interno di uno dei tanti, moderni e polifunzionali Centri Commerciali (dotato di multisala, parcheggio e pista d'atterraggio per gli U.F.O.) è soprattutto dover assistere, nei fine settimana o week-end, alla continua ripetizione di scene del tutto simili al capolavoro Dawn of the Dead (Zombi) di George A. Romero. Sempre. Come nell'Eterno Ritorno di Nietzsche.

I Centri Commerciali sono un'ossessione tipica della modernità. Del tempo morto in cui siamo costretti a a vivere. Usando una definizione cara all'antropologo francese Marc Augé, sono per elezione i Non-Luoghi della società. Della società dei consumi. Non-Luoghi Negativi.

Negativi perchè rappresentano il capolinea dell'Uomo Moderno. Il nonluogo rappresenta lo spazio costruito per un servizio specifico e il rapporto che l'individuo instaura con quello spazio. Vedi le autostrade, gli aeroporti, gli autogrill, EuroDisney, Gardaland, Ocean World. Trasporto, rifocillarsi, svagarsi. Io adoro le metropolitane. Sono il nonluogo per eccellenza. La metropolitana di Londra la trovo fantastica. Un nonluogo positivo. Dove sedersi e veder scorrere i treni e l'umanità ignara. Anche quella di Torino, parodia di tante altre, mi piace. Mi rende un nonuomo, forse.

Il centro commerciale no. Un nonluogo? No. Il Non-Luogo. Ricordo da bambino che la mia bisnonna, recatasi al principio degli anni 60 a Long Island, mi raccontava di enormi Store dove le famiglie americane trascorevano il tempo libero, dove si poteva mangiare, leggere, addirittura fare il bucato alle lavanderie a gettoni. Non capivo. Avevo otto anni e andavo a far la spesa con mia madre in latteria o in piccoli supermercati che allora stavano nascendo. Pensavo che la bisnonna stesse solo prendendomi in giro. Poi arrivò il Mega. Poi il Continente. Poi il Carrefour. Gli anni 90 hanno visto il processo di globalizzazione farsi sempre più deciso. Il desiderio dei consumi è aumentato. L'isolamento dell'uomo anche.

Quando vidi Dawn of the Dead (Zombi) non compresi a fondo l'assoluta potenza visiva del film. Avevo solo undici anni. Quando mi sono ritrovato circondato da tanti individui all'interno di un centro commerciale, uno dei tanti spuntati come funghi negli anni 90, ho capito. Il messaggio filosofico di Romero era ben chiaro. L'umanità finisce lì. Non all'aeroporto o in metropolitana. No. I morti ri-tornano dove si recavano in vita. Come lì consumavano la vita, ora consumano la morte. Affamati. Famelici.

Segnalo che nel 2004 è stato realizzato un remake del film di Romero. Mi è piaciuto. Ho apprezzato l'idea di far correre gli zombi come centometristi alle Olimpiadi, omaggiando il capolavoro 28 days later (28 giorni dopo) di quel geniaccio di Danny Boyle. I suoi infetti in una Londra spettrale hanno ri-creato in maniera efficace e originale un genere. Anche se i veri morti viventi saranno sempre quelli lividi e lenti del regista di Pittsburgh. Con le musiche dei Goblin.
Hey, who are those kids? And why are they staring at me?

Buona visione.

Zio Robbo



lunedì 12 aprile 2010

MONDAY MORNING

"Stamattina mi sono svegliato. Mi sono svegliato già dentro il lavoro. Il lavoro. Ti ha in pugno. È tutto intorno a te, come una gelatina permanente che ti circonda, ti assorbe. E quando ci sei dentro, guardi la vita attraverso una lente deformante."

Comincia così Filth (Il Lercio), il romanzo di Irvine Welsh che ispira il titolo di questo blog. Ogni lunedì ascolto con meno pazienza la geremiade di lamentazioni sul lunedì. "Di nuovo lunedì...", "Che ci vuoi fare, è lunedì...", "Oggi non riesco a carburare, è lunedì...", "Tipici problemi del lunedì..." Ma dico, fottetevi. Forse il vero problema è il lavoro. Farsi troppe paranoie non serve. Bisogna lavorare? Lavoriamo. Il lunedì non c'entra un emerito cazzo.

Welsh, per bocca di Bruce "Robbo" Robertson, l'aveva capito. L'ha scritto. Qualcuno l'ha compreso? Pochi. Pochissimi. Appena finisco Crime, doppia recensione! Per omaggiare Welsh. Lascio un video dello scrittore scozzese. Do give up yor day job . Poi tornate a lamentarvi. Tanto, come dite, è lunedì. Fuck!


domenica 11 aprile 2010

SPAM!

Uno degli sketch migliori dei Monty Phyton. Perchè, secondo voi, le e-mail spam si definiscono tali?

Zio Robbo



sabato 10 aprile 2010

SIATE (CIR)CONCISI

Voglio diventare ebreo. Cambiare religione. Grazie al Lamento di Portnoy. Grazie a Philip Roth. O, volendo, per colpa di Philip Roth.

Mi è proprio venuta una fissa. A me gli ebrei sono sempre piaciuti. Ripeto: grazie a e per colpa di Philip Roth. Ho letto libri di altri scrittori ebrei, come Saul Bellow e I.B. Singer. Lo scrittore di Newark ha il merito di aver fatto puntare l’ago della mia bussola religiosa interiore verso il Nord dell’ebraismo. Senza fanatismi, per carità. Non li ho mai avuti nemmeno con la religione cattolica.

A me Alexander Portnoy è simpatico, e se fossi nato ebreo sarei un perfetto Alex Portnoy.
Voglio convertirmi. Rispetto a cattolici e musulmani, gli ebrei attendono ancora l’avvento del Messia. Hanno una marcia in più rispetto alle due altre più grandi religioni monoteiste. Vi pare? Aspettare ancora il Messia. Non so a voi ma a me l’attesa ha fatto sempre un bell’effetto. Più dell’evento stesso, quello atteso con ansia.

Il loro Dio, lo stesso di cattolici e musulmani, mi sembra più collerico e vendicativo. Uno con cui incazzarsi e da cui ricevere in cambio delle terribili vendette come insegnamenti per il futuro. Sono solo suggestioni letterarie, le mie?
Mi attirano le tradizioni, le feste, le benedizioni. Ho anche paura. Ogni volta penso ai possibili problemi. Che mi frenano. Andrà bene agli ebrei la mia volontà di convertirmi? Nonostante abbia superato da un pezzo tredici anni e un giorno, devo celebrare il mio Bar mitzvah? E la circoncisione? Devo circoncidermi o basta lasciare la punta del mio prepuzio così com’è? Oddio, la circoncisione. Incombe come una minaccia. Il terrore serpeggia tra le gambe. Mi chiedo: prima la circoncisione o il Bar mitzvah?

Zio Robbo


venerdì 9 aprile 2010

MALCOLM MCLAREN IS DEAD

Uno stimatissimo collega di lavoro mi ha mandato tramite e-mail il link a una pagina dell' Independent che annuncia la morte di Malcolm McLaren in data 8 aprile. Ieri ho trattato l'argomento John Lydon e oggi mi trovo a scrivere dell'ex manager dei Sex Pistols, fondatore e/o inventore (dipende dai punti di vista) insieme a Vivienne Westwood dell'estetica punk, se tale definizione non facesse storcere il naso anche al sottoscritto.

I due avevano aperto nel 1971 il negozio Let it Rock al 430 di King's Road, nel bellissimo quartiere di Chelsea a Londra. Il negozio cambiò nome più volte, seguendo le varie tendenze stilistiche: Too fast to live too young to die, Sex, Seditionaries e infine World's End. L'anno scorso ci sono passato davanti e ho potuto vedere l'insegna con l'orologio che gira al contrario.
Dalla boutique della Westwood partì il fenomeno punk con tutta l'estetica annessa. I Sex Pistols partirono da qui, se vogliamo. John Lydon e Malcolm McLaren hanno sempre avuto un rapporto burrascoso, con feroci battaglie legali per i diritti d'autore.

Per finire un video dei Public Image Limited. Ne ho scritto ieri. Buon ascolto. Zio Robbo


giovedì 8 aprile 2010

LOOKING FOR SOMETHING ROTTEN?


John Lydon.

John Lydon che canta Problems con i Sex Pistols.

John Lydon, cantante dei Sex Pistols, che viene aggredito da alcuni tizi sconosciuti armati di rasoio.

John Lydon che canta Pretty Vacant con i Sex Pistols a Top of the Pops.

Never Mind the Bollocks, Here's the Sex Pistols.

Ever get the feeling you've been cheated?

John Lydon che dopo la morte di Sid Vicious forma i Public Image Limited.

John Lydon che canta (This is not a) Love Song.

John Lydon che pubblica un disco bellissimo con i Public Image Limited: Flowers of Romance.

Flowers of Romance era il nome del gruppo dove Sid Vicious suonava la batteria, prima di entrare nei Sex Pistols.

John Lydon che canta e balla in una stupenda canzone con i Leftfield, Open Up, che mischia punk ed elettronica e ogni volta che l'ascolto vorrei ballare e fare le boccacce come John Lydon.

Tragedy or Comedy? Probably Publicity.

I Sex Pistols che l'11 luglio 2008 suonano gratis al Traffic Torino Free Festival al Parco della Pellerina, davanti a 70.000 persone e io un po' mi sono incazzato a vedere il logo di MTV e volevo utilizzare il TARDIS del Doctor Who per tornare al settembre del 1986 per veder suonare i Public Image Limited al Palasport al Parco Ruffini, magari insieme allo scrittore Giuseppe Culicchia.

Ever get the feeling you've been cheated?

Adoro John Lydon. Mi fa morire dal ridere. Anche quando, come nel video che segue, pubblicizza il burro.

Tragedy or Comedy? Probably Publicity. Enjoy the Rotten. This is What You Want...This is What You Get.




mercoledì 7 aprile 2010

COME BACK

Zio Robbo è tornato. Ancora più malato di prima. Accorgendosi che nel post dedicato alla Spagna c'è un bel refuso. Sembra che le prime parole le abbia scritte Andrea Pazienza. O Cattivik. Che i miei cinque lettori mi perdonino.

Sto continuando a leggere Crime di Welsh e devo dire che mi piace. L'argomento delicato della pedofilia è trattato in maniera esemplare. Lennox non arriverà mai neanche solo a competere con il suo maestro Bruce "Robbo" Robertson, ma è sulla buona strada. Appena terminerà la piacevole lettura, annoierò tutti con una prima, dico prima, recensione (ehi, voi, lassù, in platea, non andate via, non è detto che ne seguano per forza altre, di recensioni...su ragazzi, non fate così!)

Sono ancora intontito dalle maledette feste. Inebriato dal mio desiderio di ebraismo. Avvilito dall'idea della circoncisione, nell'eventualità. Torneremo sull'argomento.

Ora il solito video di commiato. La migliore sigla del Ladro Gentiluomo. Sempre.

Ah. Due Grazie. A Marta e a Morgana. Ragazze, voi sapete chi siete. Grazie.


venerdì 2 aprile 2010

PAN DI SPAGNA

Arriva Pasqua e io voglio diventer ebreo. Indossare la Kippah. Vorrei non farmi stritolare dalle vacanze. Non voglio andare a Dubai. Non voglio andare in Egitto. Soprattutto non voglio andare in Spagna. Il caldo mi asciugherebbe tutta l'umidità di questa maledetta primavera. La Spagna non riesce ad accattivarsi la mia simpatia.


Mi sento come Ray Lennox, il poliziotto protagonista di Crime, lo spin-off del Lercio, che sto leggendo in questi giorni. Povero Ray.



Vorrei diventare ebreo. Non sto scherzando. Prima la circoncisione o il Bar mitzvah?

Il terrore serpeggia tra le gambe.



Per chiudere, i Monty Phyton nello sketch del Llama. Olè!


giovedì 1 aprile 2010

CHOOSE A BLOG

"Il lavoro, la famiglia, il maxi televisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, cd e apriscatole elettrico. Buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d'ufficio, bravo a golf, l'auto lavata, tanti maglioni, Natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti, lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai."


Si comincia in questo modo. Scegliete un blog. Queste sono le regole. Un omaggio al mitico Bruce "Robbo" Robertson, protagonista e voce narrante di Filth (Il Lercio) capolavoro dello scozzese purosangue Irvine Welsh. Bisogna partire da questo romanzo per capire l'intera narrativa dello scrittore di Leith. Lasciate perdere Trainspotting. Dell'opera prima scegliete il film di quel genio di Danny Boyle. Un capolavoro visionario, forse troppo drugsploitation, ma negli anni 90 quel tipo di treno correva velocissimo. Irvine Docet. Lascio il trailer in lingua originale. Che lingua parla Sick Boy? Gaelico? Scozzese? Scegliete un blog. Scegliete la vita. Lust for life.
Zio Robbo


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