Omaggio al film di Carpenter.
Letture consigliate: Lunar Park di Bret Easton Ellis, Le notti di Salem di Stephen King, L'ipotetica assenza delle ombre di Massimo Padua.
Creepy!
Black cats and goblins and broomsticks and ghosts.
Zio Robbo
Queste sono le regole...
Mi basta chiudere gli occhi, oggi, a distanza di anni, per ricordare la pronuncia dura di Salma, i capelli lisci e neri da sembrare blu e, soprattutto, le tette.
Ci eravamo baciati e abbracciati sulla funivia che solcava gli alberi della foresta nera, Schwarzwald; alle Terme di Caracalla, dove eravamo andati con le rispettiva classi, a vederla in costume, con tutta quella roba in mostra e che Salma non si vergognava affatto di mostrare, avevo faticato a nascondere un’erezione spaventosa che mi tormentava; poi c’era stata l’ultima serata.
Ci univa l’ascolto degli Ugly Kid Joe. Con me avevo portato il nastro di America’s Least Wanted, lei indossava la maglia di As Ugly As They Wanna Be. Altro che amore a prima vista.
Quell’ultima sera, dopo aver passato quasi due giornate e mezzo incollati l’uno all’altra, imbracciò la chitarra di una sua compagna e attaccò a suonare e cantare Cats in the cradle, che è una cover di un certo Chapin rifatta anche da Johnny Cash, una ballata che tratta di un padre che non ha mai tempo da trascorrere con suo figlio e intanto gli anni passano e i legami si sfaldano. Eseguì il pezzo in maniera sublime, tanto bene che mi vennero le lacrime agli occhi e quando passò a Busy Bee, altra ballata dell’album America’s Least Wanted implorai tra le lacrime di smetterla, già odiavo le ballate (DALLABNIKUFESIN!) ma quella sera, cantate da lei, mi facevano stare davvero male perché ero consapevole che dal giorno dopo saremo diventati di nuovo due ragazzi stranieri e certe cose a sedici anni ti ammazzano dentro e sapevo di essermi affezionato a lei e mi sarebbe mancata tantissimo e.
Venne il sesso. Dopo le lacrime. La prima volta fu un mezzo disastro. La seconda volta andò un po’ meglio. La terza non avrei mai smesso. La cultura dei pornaletti servì a poco. Mi mancò il respiro quando vidi per la prima volta un essere umano femminile in carne e ossa e per giunta nuda. Le tette. Le gambe. Il sorriso verticale, lì, spalancato davanti a me. Cominciai a sudare tantissimo. Non sapevo dove infilarlo con precisione. Col tempo sono diventato un fan assoluto del sesso orale, starei tutto il tempo a leccare passere e farmi succhiare l’uccello, ma quella volta certi orpelli mancarono: sarebbe stato richiedere davvero troppo al collaborazionismo.
Non chiedetemi perché non ci scambiammo gli indirizzi. A quei tempi non c’erano telefoni cellulari, Internet, e-mail. Si stava (forse) meglio, e la felicità non ci veniva data dalla tecnologia, ma sapevamo costruircela. Bastava una maglietta, una canzone, i capelli lisci e neri da sembrare blu di una coetanea di Berlino conosciuta in gita scolastica.
Dopotutto, non si vive neppure una volta.