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venerdì 20 agosto 2010

SAVIA-NO

Ho letto Gomorra nell’agosto del 2006. Mi aveva attirato la faccia dolente dello scrittore, in quarta di copertina. E il sottotitolo. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra.

Avevo appena terminato di leggere lo stupendo Romanzo Criminale di De Cataldo e Ragazzi di malavita di Bianconi, versione romanzata il primo, di inchiesta il secondo, sulle vicissitudini dell’organizzazione criminale denominata Banda della Magliana.
Dopo aver letto Gomorra confesso di essere stato un po’ deluso. Alcuni capitoli mi avevano entusiasmato: Il porto, con una scena iniziale spaventosa, da film horror. La descrizione del Sistema camorristico. La guerra di Secondigliano. Kalashnikov. Hollywood. Altri capitoli mi avevano lasciato un po’ freddo.
In sostanza avevo preferito De Cataldo e Bianconi, e speravo di trovare, seppur in un argomento leggermente diverso, le stesse capacità narrative o giornalistiche.

Saviano è diventato poi un eroe. C’è stata dapprima la fatwa dei clan camorristi. I suoi articoli. Le apparizioni televisive. L’appello di scrittori e intellettuali affinché lo Stato proteggesse Saviano con la conseguente sconfitta della criminalità organizzata. Come in un film a lieto fine. Poi lo scivolone dello stesso Saviano lo scorso aprile. Uno scivolone sulla buccia di banana dell’auto-immolazione.

Soffermiamoci su alcuni punti. Primo: Gomorra. Il libro. Da quel marzo 2006, quando è stato pubblicato da Mondadori per la collana Strade Blu tutti, ma dico proprio tutti, volevano leggere o hanno letto Gomorra. Una moda, per il gusto italico, come tante altre. L’impegno civile del popolo, come quello di chi mette sul profilo di Facebook il logo di Emergency per lavarsi la coscienza da tutti i peccati ed essere solidale con realtà lontanissime (Tommaso Labranca ne ha scritto uno splendido articolo su Collateral, rubrica fissa della rivista Film Tv…grazie alla Firma Cangiante che me l’ha fatto leggere qualche mese fa!) è diventato quello di comprare Gomorra.

Non credo che tutti lo abbiano letto e vorrei chiedere a chi l’ha letto cosa ha capito.
A parte le considerazioni formulate più su, credo che il messaggio del libro (lo definirei, come ha fatto il collettivo di scrittori Wu Ming nel saggio New Italian Epic, Un Oggetto Narrativo Non Identificato. Etichetta esaustiva e meno ridondante di altre) che ho colto sia semplice e lampante.
Saviano, o meglio Gomorra, consideriamolo come un Oggetto dotato di vita propria, definisce la terrificante teoria marxista del potere criminale, già delineata da Manchette, lo scrittore francese che ha ri-generato il romanzo noir (e che considero un genio): criminalità organizzata e potere economico sono strettamente correlati. Il potere criminale è la colonna, o una delle colonne portanti dell’economia. Se cadesse questa colonna, l’intera economia colerebbe a picco. Altro che Crisi. Ecco perché, in maniera cupa e pessimista, non credo che esista alcun lieto fine.

Poi. Per de-savianizzare Saviano, tutti, ma proprio tutti, a partire dai suoi colleghi scrittori, avremmo dovuto utilizzare qualsiasi forma d’arte per manifestare un impegno civile pari a quello di Roberto. Solo così la criminalità organizzata, Camorra o Mafia che sia, non avrebbe potuto prendersela con alcuno. De-savianizzare Saviano. Pensateci.

Arriviamo ad aprile ultimo scorso. Burlesconi, seguito a ruota dal fido Emilio Fido (sarebbero due ottimi Don Chisciotte e Sancho Panza, se solo avessero intrapreso una seria attività artistica) dichiara che un libro come Gomorra in realtà nuoce perché pubblicizza all’estero un’immagine negativa dell’Italia. Complimenti per l’acume. Come se all’estero non sapessero già dell’esistenza di un’Italia da Operetta. Come se una cosetta come la mafia non l’avessimo esportata noi, il popolo di santi, poeti e navigatori. Ma per piacere.

Saviano però è caduto nella trappola, va senza dire. Invece di far parlare il suo Gomorra e rinchiudersi in un’invisibilità pari a quella di maestri della stessa quali Salinger, Pynchon e Pessoa, dopo le rassicurazioni di Marina Berlusconi alias Mondadori sulla libertà di espressione, Roberto chiede che tutti i dipendenti della casa editrice di Segrate una presa di posizione nei suoi confronti.
Mi chiedo: le ingenti royalties gli han dato alla testa? Sputa nel piatto dove ha mangiato? Non è meglio il silenzio, e che a parlare sia Gomorra?
Quando si decide di pubblicare per Mondadori o Einaudi bisogna saper scindere politica, letteratura e impegno civile. A quel livello, e ancor più dopo un successo planetario, se non si è d’accordo con l’azionista di maggioranza o minoranza bisogna preferire il silenzio e che a parlare sia il libro. Credo. O gli avvocati, se ci si sente diffamati. Le dichiarazioni di Burlesconi lasciano il tempo che trovano. Se Roberto avesse pubblicato con una casa editrice meno famosa tutto questo scalpore ci sarebbe stato?

Non lo so.

Per dovere di cronaca e dovizia di particolari lascio il link a un articolo dettagliato sullo scivolone di Saviano sul blog di Federica Sgaggio, da cui ho tratto ispirazione. La fonte è sempre il blog dello scrittore, insegnante e musicista Valter Binaghi. Grande Federica!

Meditiamo. In silenzio. Invisibili.







5 commenti:

  1. Quindi sono una delle pochissime persone a non averlo letto...
    Barbara

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  2. Sei sempre in tempo, ora è anche passato di moda...in ogni caso, come ho scritto, meglio "Romanzo Criminale" e "Ragazzi di malavita"...ti fanno davvero saltare sulla sedia!

    Zio Robbo

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  3. L'unica cosa che non ho capito io è stata: ma se davvero tutti l'hanno letto, com'è che nessuno si è premurato di dire niente ad Angelina Jolie?

    Choppa

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  4. Io ci ho pure provato ad avvisarla ma a telefono ha risposto Brad e non ha voluto passarmela. Ora continuano a negarsi... mah! Valla a capire sta gente.

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  5. @ la firma cangiante: ovviamente mi riferisco alle numerose persone famose sedicenti lettrici del libro di Saviano, tra le quali Ben Affleck è solo l'ultimo, che ben si guardano dall'avvertire la Jolie che il suo indossare vestiti finanziati dalla mafia mal si sposa con la recita della sensibile samaritana.

    Choppa

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